Il sistema di “protezione dalle esondazioni” del lago a Como manifesta limiti annunciati e l’acqua invade la piazza con inusuale frequenza.
Quell’acqua non viene dal lago.
Nell’intervista, pubblicata martedì 8 luglio 2025 dal quotidiano La Provincia, Alessandro Caloisi, responsabile del procedimento, lo conferma affermando, per la prima volta: “la rete di smaltimento, che funziona perfettamente, non è riuscita a mandare (tutta l’acqua) a lago che, tra l’altro era molto basso“
Quella che egli chiama la “rete di smaltimento” è il sistema che collega le acque meteoriche e sotterranee con il lago. Quella “rete” è “sigillata” per far confluire nelle due grandi vasche sotto i lungolago Trento e Trieste tutta l’acqua piovana dell’esteso bacino imbrifero a sud della città.
Il “responsabile del procedimento” oggi dichiara che la portata delle condotte è insufficiente per far fronte a flussi particolarmente elevati. Quindi conferma che nei giorni scorsi il lago, come abbiamo più volte osservato, non è esondato” e la piazza è stata “inondata” dall’acqua che arriva dalla città e dal suo entroterra.
Per il momento sospendo ogni considerazione riguardo alla portata delle pompe e alla capacità delle vasche (che saranno messe alla prova più avanti).
Ho più volte ricordato, anche nei Consigli Comunali della primavera 1995, che il dimensionamento della componenti del sistema (rete di smaltimento, vasche) da parte dei progettisti, tra l’altro con un modello statistico discutibile, considerava eventi estremi di frequenza decennale ricavabili dai dati pluviometrici allora disponibili e quindi antecedenti il 1995. Trent’anni dopo tutti osserviamo che eventi di elevata intensità non hanno frequenza solo decennale ma si ripetono anche più volte nella stessa stagione perché il clima è “un tantino” cambiato.
Di certo oggi da parte del “responsabile del procedimento” arriva la notizia della incapacità della “rete di smaltimento” di sopportare le quantità d’acqua piovute in occasione di eventi oggi nient’affatto rari e assai probabili nel prossimo futuro. Hanno “parlato” i tombini sollevati dalla pressione dell’acqua costretta in condotte inadeguate a garantirne il regolare deflusso verso le aree a quote più basse e destinata a raccogliersi sul “fondo del catino”, ovvero nella corsia stradale prossima al marciapiede. Staremo a vedere se gli eventi futuri daranno o meno ragione a un progetto che, studiato accuratamente, molti di noi, tacciati allora di disfattismo, contestarono trent’anni fa.

(Nell’immagine la sintesi di una dichiarazione da me rilasciata per conto di PACO pochi giorni dopo l’assegnazione dell’appalto, avvenuta il 30 settembre 2005). “La Provincia” di Como