Per qualche “decibel” in più! Ma a qualcuno manca un logaritmo.

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Per qualche “decibel” in più! Ma a qualcuno manca un logaritmo.

Prendiamo un foglio di carta dello spessore di 1 millimetro,  strappiamolo in due parti e sovrapponiamole. Ora ripetiamo l’operazione: strappiamo le due metà sovrapposte e torniamo a sovrapporle.
Ripetiamo tale operazione sempre allo stesso modo.
Ci domandiamo: quante volte occorre ripetere la stessa operazione per ottenere uno spessore pari alla distanza dalla terra alla luna (384.000 km) ?
La risposta può risultare sorprendente: ripetendo tale operazione solo 39 volte si raggiunge uno spessore che già supera la distanza terra-luna (549.756 km).

Il perché non è difficile da comprendere.

Poiché ogni volta lo spessore raddoppia … in dieci passaggi lo spessore diventa 1.024 volte più grande (1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128. 256, 512, 1024), ovvero poco più di 1 metro; con i successivi dieci raddoppi, questo metro di spessore si moltiplica, a sua volta, per 1.024 e il risultato è poco più di un milione di volte quello iniziale (1 km), e così si può continuare…

L’esempio proposto è utile per comprendere la relazione tra la “scala” in decibel utilizzata per il rumore e l’intensità del suono prodotto: la prima corrisponde alle operazioni di divisioni del foglio di carta, la seconda allo spessore raggiunto.

Spieghiamoci meglio.
A una sorgente sonora ne affianchiamo una identica: l’intensità del rumore risulta raddoppiata. Se ripetiamo questo raddoppio 10 volte arriviamo a 1.024 sorgenti e l’intensità del rumore diviene 1.024 volte maggiore, come pure la pressione al timpano.
Contare le operazione di raddoppio delle sorgenti equivale a sommare un valore sempre uguale nella scala del rumore (precisamente ogni “raddoppio” dell’intensità conta 3 decibel in più): 10 “raddoppi” delle sorgenti sonore, quindi, valgono un incremento di soli 30 decibel nella scala acustica ma corrispondono a un aumento di un fattore 1.024 dell’intensità del suono generato.

Questa riflessione costringe a fare i conti con l’oggetto della matematica, ostico ai più, che descrive questo tipo di relazione: la funzione logaritmo. Il decibel è definito come il logaritmo in base 10 del rapporto tra l’intensità misurata e una intensità di riferimento.

Né ci può consolare il fatto che, per nostra fortuna, il nostro apparato uditivo ci tutela dal rischio che la testa ci “scoppi” (e il timpano si rompa) rispondendo anch’esso all’aumento dell’intensità (e della pressione al timpano) in modo approssimativamente logaritmico.

La mancanza di familiarità con il logaritmo non è il solo motivo di incomprensione.  Ma diviene indispensabile se si vuole capire che cosa è in gioco quando si ha la pretesa di andare oltre i limiti che le norme pongono alle emissioni acustiche.

Nei giorni passati abbiamo assistito a improvvisate prese di posizione di chi, sulla base di informazioni sommarie, ha voluto dar credito alle lagnanze di alcuni esercenti i quali, come ormai chiaro a tutti, godono oggi dei benefici loro derivanti da un intervento pubblico che ha trasformato una piazzetta sul lago, prima adibita a parcheggio, in uno spazio a disposizione per i loro tavolini.

Molte voci si sono levate “per qualche decibel in più” scordando che un incremento di “soli” 20 decibel corrisponde al passaggio da 1 a 100 sorgenti e quindi a un incremento di cento volte dell’intensità (e della pressione al timpano): non si tratta di sensazioni ma di dati.

Fortunatamente la città, grazie al mio lavoro di assessore all’ambiente nella precedente amministrazione, si è  dotata (come avrebbe dovuto fare da alcuni lustri!) di una “Zonizzazione acustica” e di un Regolamento che detta regole uniformi e per tutti. Il Consiglio Comunale li approvò nella primavera del 2017 con un solo voto contrario e una astensione, condividendo la scelta di non silenziare la città.

Il centro risulta, infatti, azzonato in classe IV (area di intensa attività umana), ovvero nella “classe” più alta compatibile con la residenza (la classe superiore, V, area prevalentemente industriale, va attribuita ad “aree interessate da insediamenti industriali” e con “scarsità di abitazioni”).

I limiti di emissione, diurni e notturni (questi ultimi dalle 22:00 alle 6:00), sono dettati dalla legge (DPCM 14 novembre 1997, art. 3 tabella c) e crescono al crescere della “classe”.

Lo scopo delle norme citate è esattamente quello di contemperare le legittime esigenze sia di chi promuove legittime attività economiche (nel caso di specie legate al turismo) sia dei residenti che, come nel nostro caso, sono per lo più presenti già prima dell’insediamento di tali attività.

La coesistenza di diritti e doveri non prevede, per sua natura, che uno dei portatori di interessi soccomba. I limiti posti sono derogabili ma soltanto a determinate condizioni.

Ciascuno immagini che cosa significhi l’assenza di regole.

Nel dibattito di questi giorni, tuttavia, si coglie che uno dei grandi assenti è proprio il logaritmo.
Lo si può anche ignorare; ma il logaritmo, implacabile, non smette di governare la relazione, in fondo semplice, che lega il “moltiplicarsi” dell’intensità  al “sommarsi” dei decibel.