In un’intervista pubblicata sul giornale locale venerdì 27 Giugno 2025, tra varie amenità, il sindaco di Como risponde a domande sull’ex-Ticosa. Ciò che ne esce è il proclama del suo fallimento.
Nell’affermare che “se Spallino non avesse fatto la fesseria di comprarla...” c’è tutto il fastidio di chi non è all’altezza del compito. Un’area come quella, nel cuore della città, pretende, infatti, una capacità progettuale che lui non ha. C’è però qualcosa di molto peggio del non fare nulla: sprecarne le potenzialità con mediocri interventi incapaci di offrire benefici urbanistici proiettati nel futuro. Fortunatamente siamo già “scampati” alla grande speculazione immobiliare che un investitore privato aveva progettato negli anni delle giunte di CDX, finita su un binario morto ma che ha tenuto in ostaggio quell’area per anni. Ora, per quel che si sa, la soluzione prospettata in questi ultimi tre anni è meno del minimo sindacale, con l’aggravante di permettere una rendita consistente all’investitore cui la si vorrebbe consegnare. Insomma, sotto le chiacchiere, nessuna idea degna di rispetto ma una nuova cessione di un bene pubblico alla rendita.
Il meglio di sé, tuttavia, il sindaco lo esprime con una nuova auto-assoluzione: “se gli altri avessero agito quando le bonifiche costavano un quarantesimo oggi non avrei in mano il cerino più grosso del mondo“.
Mentre tutti aspettiamo di sapere quando mai le bonifiche siano costate “un quarantesimo” (di che cosa poi non si sa), restiamo ai dati, quelli incontrovertibili. Ebbene, gli Enti di controllo hanno certificato l’avvenuta bonifica del 90% dell’intera area ex-Ticosa dopo chiusura dei lavori (udite udite!) nel 2016. La bonifica fu condotta negli anni in cui Luca Baccaro era dirigente del settore ambiente e Bruno Magatti ne era assessore.
Si bonificò sulla base di un progetto (predisposto prima del nostro arrivo) che si rivelò inadeguato, tant’è che fu rinvenuto moltissimo amianto che non risultava dalla caratterizzazione del terreno, approvata dagli Enti prima dell’avvio dei lavori.
Proprio la grande quantità di materiali (probabilmente di riporto) in un particolare lotto impose di chiudere i lavori lasciando un residuo da completare.
L’ufficio ambiente del Comune aveva intanto assunto in organico un geologo esperto in bonifiche. Ciò permise, in accordo con gli Enti di controllo, di predisporre, a COSTO ZERO, il piano di bonifica per quell’area residuale e il monitoraggio dei valori di arsenico rilevati nelle acque sotterranee da uno specifico piezometro.
Da allora, però, sono passati quasi 10 anni e non è stato più rimosso un sassolino da quel 10 % rimasto dopo il 2016. Nulla sappiamo dell’esito del monitoraggio delle acque sotterranee. Come di spiega questa assoluta inerzia? Non è nemmeno stata portata avanti l’ipotesi di mettere in sicurezza l’area ancora da bonificare ponendo i necessari vincoli.
Questi dati di fatto certificano il vuoto inconcludente degli ultimi anni nei quali il Comune ha visto andarsene, frustrate e deluse, proprio le professionalità migliori, iniziando dal citato geologo che aveva redatto il piano, quelle figure in grado di muoversi con efficacia e autonomia nell’ambito complesso delle bonifiche.
Suggerisco al Sindaco di dismettere l’abito della vittima nello svolgimento di un compito che ha scoperto più serio di come se lo era immaginato .
Amministrare è impresa gravosa, impegnativa e sfidante. Impari anche a rispettare il lavoro, la determinazione e la competenza di tanti che lo hanno preceduto.