Como, la Scuola e la città

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Como, la Scuola e la città

il progetto di decentramento degli Istituti Tecnici Superiori

Lo spostamento degli Istituti Tecnici Superiori al San Martino è un programma inutile, costoso e con prevedibili conseguenze negative sull’assetto sociale e urbanistico della città. Negli anni ’70, la crescita degli iscritti alle scuole professionali comasche (l’Istituto Nazionale di Setificio, e l’Istituto Tecnico Magistri Cumacini) costrinse a decentrare alcune loro sedi, per necessità di ampliamento non più prorogabile. In quegli anni non esistevano aree urbane dismesse da recuperare in città, si decise pertanto di decentrare gli istituti scolastici in aree esterne.
Il Setificio si trasferì alle pendici del colle di San Martino e la Magistri Cumacini nella piana di Lazzago. Se per il Setificio la scelta fu ancora accettabile rispetto alla vita e alle relazioni con la città, per la Magistri Cumacini fu comunque uno allontanamento traumatico, sia per gli studenti che per i docenti, in una situazione di forte isolamento, che perdura anche oggi.
Per queste ragioni oggi ha quasi dell’incredibile sentire che la Amministrazione Provinciale di Como proponga un nuovo decentramento, o meglio un “concentramento” delle scuole superiori nelle strutture inutilizzate dell’ex-ospedale psichiatrico al colle di San Martino.
E che per questo obiettivo la Provincia chieda alla Fondazione Cariplo il fondo di 5 milioni di euro destinati al territorio comasco, sapendo già che questa somma non potrà mai bastare per un progetto così impegnativo … e questo programma in una città che ha bisogno di tutto tranne che di allontanare i suoi istituti scolastici superiori dalle loro sedi attuali!
Questo programma viene definito “Campus Studentesco”: una cosa che nessuno in città si è mai sognato di chiedere, e che dopo la fuga del Politecnico di Milano da Como (ennesima occasione perduta dalla politica locale), potrebbe caso mai avere un senso nel riordino delle sedi universitarie cittadine, attualmente sparse qua e là in edifici spesso inadeguati, a parte la sede di Sant’Abbondio e di nel Setificio di via Valleggio.
Decentrare edifici che costituiscono funzioni urbane vitali e di servizio alla comunità, svuota la città del suo senso perenne di luogo dell’incontro e di scambio collettivo.
Una città che svende la sua identità pubblica è destinata a perdere la sua identità sociale, a trasformarsi in un grande centro commerciale, a diventare il fantasma di sé stessa.
Questo progetto è sbagliato ed è un errore politico, sociale ed economico, contrario ad una idea di città inclusiva, come deve essere una comunità civile che è espressione di valori urbani collettivi.
Perché questo programma è sbagliato? Il modello del Campus esterno alla città è una formula anglosassone funzionalista e anti-urbana, dove il decentramento perseguiva logiche di isolamento e di mobilità su gomma superate da decenni: una idea di città diversa dalla nostra storia secolare di coesione e inclusione delle funzioni civili. 
Ma anche provando a ragionarci sopra, quali sarebbero i vantaggi collettivi di questo “sradicamento” delle sedi scolastiche dalla trama della città?
Quali i risultati positivi di un programma così poco sentito dalla collettività?
E il destino degli edifici scolastici urbani attuali? A cosa e a chi vogliamo destinarli una volta che saranno diventati inutili? Le risposte possono essere diverse, ma chissà perché mi viene in mente il decentramento dell’Ospedale Sant’Anna, trasferito altrove in vista di un vasto progetto immobiliare sulle sue stesse aree, con tanto di parcheggio pubblico nella Valmulini, pagato e realizzato dalla collettività e ora sottoutilizzato.
Oppure rivedo il triste progetto comunale del 2020 per lo spostamento del Municipio alla ex-Ticosa, in modo da lasciare l’area di Palazzo Cernezzi disponibile ad operazioni di altra natura.
Le scuole superiori sono da sempre un valore storico e sociale dei nostri centri urbani, e ogni giorno portano nella città ricchezza vitale, contribuiscono a formare l’identità civile dei giovani, favoriscono le relazioni urbane, le attività di piccolo commercio e di lavoro. Sono una presenza importante nella vita cittadina, parte del un tessuto civile che rende più forte il senso di appartenenza della comunità e dei suoi abitanti.
Di questo abbiamo bisogno in un tempo così incerto, in una società che ha messo al primo posto l’individualismo e la separazione delle persone dalla loro comunità, da quella CIVITAS che noi invece riteniamo ancora cardine della nostra società civile.
La Fondazione Cariplo offre un finanziamento a fondo perduto: quale migliore occasione per dare vita alla proposta del Comune Como di recupero e di riutilizzo delle mura, delle torri storiche e delle attigue aree museali?

In tal modo il finanziamento potrebbe valorizzare gli edifici pubblici ora inutilizzati e creare nuove occasioni di attrazione turistica e culturale per tutti, attraverso un’operazione di riqualificazione e di riconversione edilizia e urbana che andrebbe a vantaggio perenne di tutta la città.