Note a margine di tragedie annunciate

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Note a margine di tragedie annunciate

E’ veramente triste e avvilente constatare che, ogni volta che assistiamo a morti sul lavoro, – leggi cantiere Esselunga Firenze e stabilimento Stellantis – sentiamo sempre e comunque le solite frasi di circostanza: la sicurezza va implementata, vanno riviste le norme sugli appalti pubblici ed in particolare va ridisegnato il subappalto, va rivisto il criterio di aggiudicazione delle gare in base al massimo ribasso, vanno aumentati i controlli e il personale addetto.

Bene siamo sempre all’anno zero.

Gli appalti pubblici sono affetti da vari vulnus sin dalla fase preparatoria:

i bandi spesso sono farraginosi e/o carenti, e le verifiche dei partecipanti sono spesso lente e/o imprecise con la conseguenza che frequenti sono i ricorsi alla Giustizia Amministrativa la quale non ha fra le sue prerogative la celerità (i TAR  impiegano anni per decidere sui ricorsi solitamente presentati dal secondo o terzo classificato o dall’escluso dalle gare e nel contempo tutto rimane, quasi sempre, fermo; un’amministrazione oculata non avvia i lavori, magari di svariati milioni, con la spada di Damocle di un giudizio).

Gli appalti privati non “soffrono” delle criticità di cui sono affetti quelli pubblici nella fase preparatoria e sol perché nessuna delle parti è un Ente Pubblico!

Le criticità durante le fasi esecutive, per qualsiasi appalto, sono costituite dalle irregolarità legate al personale delle imprese coinvolte, dall’insufficiente coordinamento e controllo dei lavori e dei lavoratori anche e soprattutto ai fini della sicurezza e sono le principali cause endogene degli infortuni mortali e non che si verificano nei cantieri.

Infortuni che sicuramente sarebbero più contenuti se i controlli sia interni che esterni fossero frequenti, continui, capillari e puntuali.

Ma così non è; per quelli interni a causa di scelte non sempre oculate dei coordinatori della sicurezza ovvero per mancato congruo riconoscimento, anche economico, della importanza del ruolo e per quelli esterni  a causa dell’insufficiente numero di ispettori rispetto al numero dei cantieri aperti in ogni parte di Italia.

Sono anni che si sente dire che va implementato il numero degli ispettori e le promesse e gli impegni assunti da tutti i Governi e Ministri succedutisi sono sempre rimasti lettera morta o quasi.

Oltre alle carenze dei controlli, altra causa principale degli infortuni è sicuramente individuabile nel ricorso al subappalto “selvaggio” e senza limiti che negli appalti pubblici è consentito per espressa previsione normativa e in quelli privati per volontà delle parti non essendo prevista alcuna limitazione normativa.

I Committenti privati potrebbero, anzi dovrebbero, pretendere che l’appaltatore scelto si avvalga massimo di 1/2 subappaltatori magari per lavorazioni specialistiche riducendo, in tal modo, i rischi; ma non è mai o quasi così:

al Committente non interessa sapere quanti sono i subappaltatori ma solo che i lavori procedano più speditamente possibile; spesso sono imposte tempistiche talmente stringenti con penali così onerose che l’appaltatore, per timore di non riuscire ad adempiere è “costretto” a rivolgersi a più subappaltatori magari non sufficientemente affidabili o seri o preparati.

Non è infrequente infatti che gli ultimi subappaltatori della catena debbano “accettare” corrispettivi scarsamente remunerativi se non addirittura non remunerativi con la conseguenza, pressoché automatica, che si avvalgono “necessariamente” di personale  sottopagato e non formato in modo idoneo, a volte addirittura occasionale e reperito all’ultimo momento.

Se da un lato vi è la responsabilità della politica per non aver creato e realizzato i presupposti per un contenimento degli infortuni, dall’altro vi è la responsabilità delle condotte umane che troppo spesso antepongono la logica del profitto a quella del rispetto della vita altrui.

Per un cambiamento di rotta è necessario modificare radicalmente la cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro considerandola elemento essenziale e prioritario nei rapporti contrattuali e non già, considerare la sicurezza  solo un costo, spesso inutile, che va contenuto il più possibile.

Non vi è poi alcun bisogno o necessità di introdurre nuove norme e sanzioni che sarebbero inutili; bastano e avanzano quelle esistenti, mi riferisco al Decreto Legislativo 81/2008, composto da oltre 260 articoli ognuno con più commi, che ben disciplina ogni aspetto relativo alla sicurezza, individua tutti i soggetti coinvolti nell’appalto stabilendo a carico di ciascuno precisi obblighi e precise responsabilità prevedendo altresì una serie di sanzioni per le violazioni anche di carattere penale in aggiunta a quelle previste dal Codice Penale il quale, a sua volta, disciplina in modo specifico e severo le fattispecie.

L’art. 589 c.c. 2° comma C.P. (omicidio colposo) e 590 3° comma C.P. (lesioni colpose) prevedono quali aggravanti speciali i fatti commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e stabiliscono pene di gran lunga superiori rispetto alle fattispecie ordinarie.

Non è quindi con l’introduzione di nuove norme che prevedano l’inasprimento delle pene che si argina il fenomeno ma applicando e dando piena e completa attuazione delle norme esistenti; l’eccesso normativo  di cui l’Italia è maestra e detiene il primato sicuramente europeo ma credo mondiale, spesso provoca l’effetto inverso e contrario a quello voluto o auspicato.

In buona sostanza basta o meglio basterebbe una diversa e più capillare organizzazione e gestione degli organi di controllo e che le imprese si impegnassero con diversa consapevolezza della utilità e necessità di formazione e qualificazione del personale, prevalenti sul profitto, per ridurre le perdite di capitale umano.

Le norme non sostituiscono la cultura e il rispetto non si genera con le pene.