Caldo, sole ed ozono

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Caldo, sole ed ozono

Questa calda estate caratterizzata da bassi livelli di tutti gli inquinati, eccezion fatta per l’ozono, ci fornisce la scusa per parlare del principale inquinante atmosferico estivo.

L’ozono (O3) è una molecola aerea normalmente presente nella stratosfera, ove svolge un ruolo essenziale nella protezione dai raggi UV spaziali. Nella troposfera, la zona più bassa della atmosfera, dove vivono gli esseri viventi, è invece considerato inquinante secondario, perché si forma da due precursori: i composti volatili organici (VOC), formati da un grande numero di sostanze, e gli ossidi misti di azoto (NOx) che si combinano, in vari passaggi, alla presenza della luce solare, sino a creare l’O3. Le fonti dei precursori possono essere naturali come le sostanze prodotte dal metabolismo di animali, piante, microbi, oppure antropogenici ovvero correlate ad attività umane come emissioni industriali, scarichi di automobili e solventi chimici.

Diversi sono gli effetti dell’ozono sulla salute umana (1). Questo gas entra nell’organismo quasi esclusivamente per via inalatoria arrivando nei polmoni dove infiamma i tessuti, con varie conseguenze, tra cui una sensibilizzazione della muscolatura bronchiale, rimodellamento delle vie aeree (similmente a quanto avviene nella bronchite cronica) e modifiche dell’immunità.

I soggetti già sofferenti di patologie polmonari come asma, enfisema e/o bronchite cronica assorbono più O3 e sono quindi a maggior rischio di subirne gli effetti, che si dividono in acuti e cronici.

Rientrano negli effetti acuti:

  • Mortalità: aumento del rischio di mortalità dello 0,26% per ogni aumento di 10 µg/m3 del massimo livello di ozono.
  • Effetti polmonari: riduzione ostruttiva della funzionalità polmonare; aumento degli accessi in Pronto Soccorso; assenteismo scolastico, infezioni respiratorie ed esacerbazioni, soprattutto in bambini o anziani già con problemi polmonari.
  • Effetti cardiovascolari (evidenziabili sugli umani): aumento del 6,3% delle morti per malattie coronariche ogni 10 µg/m3 di aumento di O3; raddoppio del rischio di Fibrillazione Atriale parossistica (associata a rischio di ictus cerebrale); riduzione della variabilità del ritmo cardiaco a bassa frequenza (ovvero il cuore ha meno momenti di “riposo” e quindi il muscolo è perennemente più stressato).

Ci sono meno evidenze riguardo gli effetti cronici, ma la associazione è robusta con sintomi simili asmatici.

L’impatto dell’ozono sulla salute della popolazione(1) può essere evidenziato utilizzando due indicatori:  le morti premature (le morti occorse prima del raggiungimento della aspettativa standard di vita) e i YLLs (years of life lost – potenziali anni di vita persi a causa della morte prematura). Nel 2013, nei 41 stati europei, l’ O3 è stato responsabile di 1700 morti premature e 192000 YLLs.

La situazione italiana è stata tra le peggiori: su una popolazione di oltre 59 milioni di persone, sono occorse 3380 morti premature attribuiti all’ O3 e 36500 YLLs, con una media di 61 YLL/100000 abitanti. La Francia, con una popolazione numericamente simile all’Italia, ha registrato una situazione migliore: su 63 milioni di persone, 1780 morti premature e 20900 YLLs.

I limiti di O3 fissati dal DL 155/2010 sono:

  • 120 µg/m3 nella media di 8 ore, da non superare più di 25 volte all’anno.
  • 180 µg/m3 (soglia di informazione): a rischio solo la popolazione fragile – anziani, bambini, malati cronici.
  • 240 µg/m3 è la soglia di allarme: tutta la popolazione è a rischio.

Per affrontare seriamente il problema, bisogna innanzitutto e soprattutto ridurre le emissioni dei precursori antropogenici.

Ma un discreto effetto mitigante, essendo l’ozono un inquinante tipico dei centri urbani, può essere raggiunto in tempi brevi implementando il verde urbano. Una recente pubblicazione(2) ha dettagliatamente analizzato l’argomento: le possibilità di implementazione sono sia i giardini pensili che la forestazione urbana.

I giardini pensili, che possono rappresentare anche il 20-30% delle superfici delle aree edificate, possono rimuovere annualmente, 1,2 – 4,4 grammi/m2 di O3. Ad esempio, a Washington (USA), 202 ettari di giardini pensili, rimuovono in un anno 6 tonnellate di O3.

La foresta urbana, definita come la somma di tutti gli alberi e cespugli urbani, secondo modelli sperimentali ed evidenze osservazionali, rimuove varie tonnellate di O3, dai 5,4 grammi/m2 (pari a 523000 tonnellate) nel 2010 in 55 città statunitensi, a 3,3 grammi/m2 (30014 tonnellate) in 10 città italiane nel 2003.

La foresta urbana è più efficiente dei giardini pensili nel rimuovere ozono (mediamente, 0,19 gr/m2 vs 0,13 gr/m2 per ppb di O3). Usando come modello la città di Melbourne, Australia, è stato calcolato che la foresta urbana esistente (10 alberi per ettaro) rimuove Kg 246 di O3/anno; aggiungendo 80 alberi per ettaro, la rimozione annua diventerebbe t 1,885. Di più, trasformare in giardini pensili tutta la superficie industriale possibile (28,9 ettari), aumenterebbe la rimozione di Kg 375, mentre trasformare i muri delle costruzioni in boschi verticali renderebbe un aumento di Kg 298.

La resa è pertanto moderatamente maggiore col sistema delle foreste urbane(2), che sono anche meno costose da mantenere: per ogni chilogrammo di ozono rimosso, la manutenzione della foresta è stata calcolata in $300, contro i $600 dei giardini pensili ed i $1300 dei boschi verticali.

Vi è una differenza di efficienza tra le i boschi urbani e peri-urbani. Uno studio effettuato nella Città Metropolitana di Roma(3), ha confrontato il parco urbano di Villa Ada (VA) ed il parco di Castelporziano, a circa km 25 dalla città, negli anni 2013-2014. Ambedue i parchi sono caratterizzati da una preminente presenza di Leccio (Quercus ilex L.), ma con un clima diverso (sub-mediterraneo vs meso-mediterraneo), che giustifica un maggior periodo di siccità estiva in CP, 4 mesi, rispetto a VA, 2 mesi e maggiori innaffiature durante l’estate, equivalenti a mm 15 di pioggia ogni 15 giorni. I risultati hanno evidenziato una maggiore efficenza di rimozione di VA, pari all’ 8% ogni anno, secondo gli Autori dovuto alle pratiche irrigative che avvengono durante il periodo di maggiore siccità: con il terreno secco, infatti, cala la capacità rimuovente di ogni pianta.

Abbiamo analizzato il peso dell’ozono sulla salute di popolazione: evidenze scientifiche sicure mostrano che esso esercita la sua azione nociva sul sistema respiratorio e cardiocircolatorio, sistemi già, spesso, già indeboliti da malattie croniche presenti, a cui si sommano gli effetti di altri inquinanti, come le polveri sottili, o di condizioni termiche estreme. Il controllo dei livelli di ozono sarà un problema sempre maggiore nel futuro, calcolando che nel 2050 il 70% della popolazione vivrà in agglomerati urbani(2).

L’oz0no è un problema particolare, perchè esclusivo dei centri urbani: pertanto lì devono essere trovate le soluzioni. Il provvedimento principale è senz’altro la massiva riduzione dell’emissione degli inquinanti primari. Collateralmente, e con tempi attuativi molto ridotti, la riduzione dell’ozono può avvalersi, con una efficacia non simile per nessun altro gas, dell’implementazione del verde cittadino. Progettare e mantenere queste infrastrutture verdi può essere difficile ed oneroso, perchè la loro capacità di rimozione dell’ozono non sarà mai constante, dipendendo da periodi di siccità più o meno lunghi, soleggiamento,ed altri fattori mai completamente prevedibili e controllabili (2)(3). Ma queste evidenze, che corroborano l’utilità, precedentemente riportata, della forestazione urbana, devono imporre un serio ripensamento della progettazione urbana, a cominciare dall’area ex-Ticosa.

Ne vale assolutamente la pena provare: traducendo in soldoni, per ogni dollaro investito nella gestione del verde, i cittadini ne ricevono 1,4-4,5 di benefici (ad es. qualità dell’aria, risparmio energetico)(2).

 

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Nuvolone D. et al. The effects of ozone on human health. Environ Sci Pollut Res 2018;25:8074-8808 doi:10.1007/s11356-017-9239-3
  2. Sicard P et al. Should we see urban trees as effective solutions to reduce increasing ozone levels in cities? Environ Pollut 2018; 243(Pt A): 163-176 doi: 10.1016/j.envpol.2018.08.049
  3. Fusaro L  et al. Modeling ozone uptake by urban and peri-urban forest: a case study in the Metropolitan City of Rome. Environ Sci Pollut Res 2018;25:8190-8205 doi:10.1007/s11356-017-0474-4